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Le bambole sono il vero specchio dei bambini: rappresentano la loro fantasia, come si vedono o come vorrebbero essere. All’inzio, la più famosa, fu Barbie: la figura snella, i capelli biondi, i tratti tipici dello stereotipo americano. Dagli anni 2000 in avanti, forse anche prima, sono nate numerose varietà di bambole, spesso associate al cartone animato del momento: oggi spopola Frozen con le sue sorelle, Elsa e Anna, ricercatissime anche per i loro abiti.

Oggi è presente sul mercato un nuovo operatore, Toy Like Me, che entra in maniera innovativa, infatti la proposta di bambole e giocattoli a catalogo della nuova azienda è completamente basata su soggetti con disabilità.

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Toy Like Me nasce dall’idea di tre mamme: Melissa Mostyn una giornalista sorda con una figlia su sedia a rotelle, Rebecca Atkinson giornalista non udente e ipovedente ed infine Karen Newell, consulente esperta in giocattoli che ha un figlio non vedente; il fine è realizzare delle bambole che siano lo specchio dei bimbi con disabilità.

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Le prime bambole sono nate dalla fantasia delle tre mamme, subito dopo i social hanno guidato la creazione dei soggetti: grazie alla pagina Facebook, le tre donne inglesi hanno avuto numerosi spunti e suggerimenti dai loro followers. A velocizzare la realizzazione si è successivamente aggiunte MakieLab che ha fornito una stampante 3D alle tre mamme in modo che le richieste possano essere realizzate in maniera istantenea.

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Un’iniziativa di sicuro interesse, che parte dal basso per rispondere alle esigenze di giovani persone con disabilità, appunto i bambini, che ritrovano il loro io e la loro fisicità anche nei giocattoli quotidiani.

 

 

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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