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La ricollocazione nell’ambito del lavoro e nella vita sociale: la sfida più difficile che un’Istituzione possa avere per quanto concerne la situazione delle carceri e dei relativi “ospiti”. Aver commesso un reato, di conseguenza dare una pena (è sempre la scelta giusta?), far capire alla persona che ha sbagliato (come?), insegnare un mestiere e cercare di inserire nuovamente le persone in società (con quale programma?): sono questi i passaggi che si seguono nella gestione di un carcerato.

Una persona che sa cosa vuol dire perdere la propria libertà, essere privato dei propri affetti e dei propri beni, rinchiuso in un ambiente non suo, con delle regole rigide (quando dormire, mangiare, spegnere le luci, avere l’ora d’aria…) e con una personalità da costruire.

Lo sforzo delle Istituzioni deve essere maggiore, costante e mirato in base alle competenze e attitudini della persona: cosa gli piace fare, cosa può fare e non da meno cosa lo rende felice. Per quest’ultimo punto, a Cerignola, molti detenuti sono contenti in quanto possono ridare alla comunità ciò che hanno tolto con un lavoro socialmente utile: riparare le carrozzine destinate alle persone con disabilità.

Un’iniziativa che ha coinvolto, appunto, l’istituto correttivo di Cerignola, tramite il progetto dell’Atelier dell’Ausilio, ma che non attenderà molto per estendersi ad altri comuni, tra cui Lecce. L’aiutare le persone che dipendono da uno strumento esterno come la carrozzina è una motivazione in più per i carcerati che si apprestano a svolgere questo lavoro.

Carrozzine reclinabili, seggioloni polifunzionali, montascale, carrozzine elettriche, sollevatori mobili elettrici sono alcuni dei supporti che i carcerati si impegneranno a fornire, come nuovi, alle persone con disabilità.

Un’iniziativa da prendere come esempio e replicare in altri Istituti, per una riqualificazione della persona che ha sbagliato e un uso “sociale” del nuovo lavoro della persona ospite dell’Istituo correttivo.

Fonte: Immediato

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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