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Mi unisco ai commenti pressoché unanimi della rete: lo spot di Checco Zalone a favore della SMA è semplicemente geniale. È “alla pari” – me lo permettete? – come lo slogan di Jobmetoo. Un minuto e mezzo che vola, che vuoi rivedere chissà quante volte di fila, che tutto ti dà fuorché l’idea di qualcosa di triste o pesante.

Ma vorrei condividere con voi alcune sfaccettature che a me, persona con disabilità congenita, sono balzate all’attenzione con una certa forza. Elementi che non si notano subito, ma tutt’altro che secondari.

I genitori

Non è in primo piano, ma la presenza dei genitori ci fa riflettere e chiedere: madri e padri hanno tempo, mezzi e supporto a sufficienza per dedicarsi quanto serve al figlio con disabilità?  Come gestiranno il famoso “Dopo di noi”? E Mirko potrà avere la “vita indipendente” che lo aspetta e che si merita?

Il videogioco

Già, il videogioco. Perché Mirko è un ragazzino come tutti gli altri, e giocare è un suo diritto. Quando vediamo dei bambini, pensiamo al gioco e lo stesso deve avvenire con Mirko. Mirko, prima di essere un bambino con la SMA, è un bambino che vuole giocare. La parità di trattamento passa anche da qui.

L’ironia

Non soltanto quella di Zalone (che conduce benissimo il ruolo della persona seccata), ma l’ironia di Mirko, della persona con disabilità in generale, è un ingrediente di cui abbiamo tutti bisogno per stemperare timori e tensioni e mettere il mondo che ci circonda nelle migliori condizioni di supportarci. Come? Rimuovendo tutto ciò che inibisce il nostro percorso di vita. Quello che dice, in fin dei conti, la Convenzione ONU.

E se lo spot vi ha conquistati, non perdetevi la genesi dello stesso con l’intervista ad Anita, amica di Checco Zalone. Le sue parole non valgono meno del video promozionale.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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