Come ho detto più volte, i miei articoli non sono scientifici ma divulgativi e, soprattutto, dotati di un taglio pratico. Debbo compiere quindi spesso un’operazione di riduzione, a volte anche forte, saltando a piè pari passaggi, ma non per questo sono meno importanti. Il mondo delle imprese, e io stesso l’ho toccato con mano nella mia esperienza, è fatto di persone che hanno sulle spalle anche la responsabilità di altre persone e, spesso, non hanno tempo. Vogliono, vorrebbero, capire in fretta le cose che non conoscono. E l’accomodamento ragionevole rientra sicuramente in questa categoria: le aziende ancora non lo padroneggiano appieno, talvolta non l’hanno mai sentito nominare, e proverò anche io a dare il mio contributo per un tema chiave che riguarda lavoro e disabilità.

Innanzitutto diremo che questo “oggetto misterioso” – l’accomodamento ragionevole – è il principale antidoto alla discriminazione di cui un lavoratore con disabilità può essere vittima, spesso in modo inconsapevole e, lo sottolineo, senza neanche la consapevolezza dell’azienda stessa. A riprova di quanto sia forte il legame tra questo problema (la discriminazione sul lavoro) e la sua soluzione (il Reasonable adjustment), diremo anche che l’Unione Europea ha da poco concluso una poderosa campagna informativa che ha avuto come output un opuscolo che cerca di spiegare cosa sia l’accomodamento e come poterlo applicare, con alcuni casi di inserimenti di successo in aziende pubbliche e private.

La discriminazione sul lavoro riguarda, credo sia chiaro a tutti, specialmente quelle categorie più a rischio per sesso, età, religione, etnia, orientamento sessuale e, ovviamente, disabilità. Per chi ha una diversità in sé e con sé è più facile subire una discriminazione. Per accomodamento ragionevole si intende ogni aggiustamento al lavoro o sul luogo di lavoro che è necessario per consentire ad una persona con disabilità di candidarsi ad una posizione e di svolgere in completezza le mansioni richieste, con l’obiettivo di mantenere così una condizione di parità con tutti gli altri lavoratori. Le parole esatte: “Sulla base di eguaglianza con gli altri”. Un’eguaglianza di partenza, sia chiaro, e non di arrivo. Senza parità di partenza, non potremo avere una vera meritocrazia.

Pensate, in un’indagine del 2015, l’Eurobarometro ha rilevato che il 50% delle persone non conoscono i loro diritti in caso di discriminazione. Accantonando per un attimo il sentimento di fastidio che la “discriminazione” ci suscita, riflettiamo sul fatto che essere discriminati significa – molto pragmaticamente – non essere messi in una condizione di parità, quindi di non essere “produttivi”: che è ciò che le aziende vorrebbero dai loro collaboratori. E che loro stessi, chiaramente e giustamente, esigono.

L’accomodamento ragionevole, quindi, è uno strumento. Dividiamo le due parole. “Accomodamento” è riferito principalmente al lavoratore disabile, che necessita di un supporto; “ragionevole” è pensato per l’azienda in quanto, tale supporto o sistema di supporti, deve avere un costo accettabile e sostenibile. Come vediamo, non è un balzello in più per le aziende, ma un investimento che mira a rendere produttivo l’ingresso e il mantenimento del lavoratore con disabilità in organico.

È normato dalla legge. I due principali riferimenti:

  1. la direttiva 2000/78/CE in materia di parità di trattamento sul lavoro;
  2. la Convenzione delle nazioni Unite sui diritti delle Pcd (Art. 2) a cui tutti i membri della UE hanno aderito.

Questo per dire che parliamo di leggi, forse non ancora ben conosciute, ma questi concetti e strumenti esistono, e da non pochi anni (la direttiva UE ne ha 20…). Ma il mondo del lavoro non è stato ancora ben informato su questi sistemi volti a combattere le discriminazioni e a favorire la produttività in azienda.

E adesso, qualche piccolo esempio (sempre citato nell’opuscolo UE) di come si possa applicare questo strumento preziosissimo. Qualche esempio che riguarda non solo lo spazio fisico del lavoro ma anche alcuni aspetti legato alla gestione del lavoro in generale:

  • installare speciali software per favorire l’usabilità del pc da parte di chi ha disabilità visiva o di parlato;
  • sistemi di interpretariato per persone con disabilità uditiva, con particolare predilezione per strumenti comunicativi scritti;
  • scrivanie regolabili a diverse altezze;
  • flessibilità oraria in ingresso e uscita;
  • formazione dei colleghi del lavoratore con disabilità per favorire un’ambiente inclusivo e accogliente;
  • … provate voi adesso ad immaginare una situazione che richieda un… accomodamento ragionevole!

Con poco si può ottenere veramente molto: suona come un bello slogan, ma è anche una gran bella verità. Bisogna adesso far diventare questa verità sempre più realtà quotidiana.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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