Cosa mi porto a casa dopo due belle video interviste con Antonella Ferrari? Innanzitutto la convinzione che si può essere famosi e allo stesso tempo umili, alla mano, pronti a trovare uno spazio di ascolto per tutti. Poi, l’energia, quell’energia contagiosa che spesso caratterizza le persone con disabilità, un’energia che declina sovente verso l’allegria e la gioia di vivere. Mi porto, quindi, un momento di forte condivisione (in realtà l’intervista si è tramutata presto in chiacchierata) che mi ha lasciato delle sensazioni belle e positive, che mi hanno molto arricchito. E affinché questa ricchezza sia quanto più possibile messa a disposizione di tutti, vorrei fissare qui qualche punto particolarmente significativo.

La disabilità

Molto sottile – e molto vero – quanto spiega Antonella: quando gli altri la guardano per la sua disabilità, questo inevitabilmente incide anche sulla percezione che lei ha di sè stessa. Nel contesto della famiglia e degli amici, accade esattamente il contrario: Antonella non “percepisce” la propria disabilità anche perché chi le è vicino sembra non accorgersene. Insomma, un classico esempio di “profezia che si autoavvera” e che, per quanto noi possiamo essere forti, ci condiziona pesantemente, nel bene e nel male. Questo ci fa capire quanto potere può avere l’ambiente che ci circonda, in linea con ciò che esprime la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Il lavoro

Antonella mi racconta con forza di quanto – lei che è prima di tutto attrice – abbia sudato e studiato. Non è attrice perché ha partecipato a qualche talent show o perché disabile, no! E nonostante la sua professionalità, nonostante la sua dedizione, prima che sul suo curriculum alcuni si soffermano (e si fermano) sulla sua disabilità (Antonella, lo ricordo, è madrina di AISM e convive con la sclerosi multipla). E qui la sua voce si leva forte in quello che diventa un motto: “Guardate il cv, non la cartella clinica!”. Le occasioni che Antonella ha perso, non le ha perse perché non capace, ma perché non le è stato permesso di giocare una sfida. Questa è proprio la condizione più a rischio per la persona con disabilità.

La duttilità

E vengo all’aspetto forse meno appariscente ma più significativo di tutta l’intervista. Ad Antonella non basta essere una persona di successo: vuoi perché alcuni produttori si spaventano per la sua condizione, vuoi perché le occasioni per lei sono sempre più variegate, eccola diventare scrittrice e giornalista, con anche un’incursione – per adesso timida – nel mondo dell’imprenditoria. Antonella si reinventa. Questa è una caratteristica che accomuna molte persone con disabilità: costretto a non trovare mai un porto sicuro, quando intravedi i fari di quel porto, nella tua vita che è tempesta, e già assapori il meritato riposo, ecco che la prua della tua barca, della tua vita, riprende il mare aperto. È un momento duro, in cui in pochi secondi devi ripartire da zero, pensi di non avere né forze né capacità, ma sei già al timone in alto mare, dove anche pensare è un lusso, e in fondo è giusto così: dentro di te, sotto le onde che ti lasciano il sale addosso, sotto il vento sferzante, sai che stai dando il meglio di te. E se il mondo ancora non se n’è accorto, tu sai comunque che sei al massimo della tua forza, del tuo coraggio e della tua fede. E anche con un verbale d’invalidità in un cassetto, quell’Ulisse che è dentro di te non te lo potrà mai togliere nessuno. Mai.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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