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Le preziose newsletter di Superando forniscono quotidianamente notizie aggiornate sulla disabilità ma anche approfondimenti che spingono a riflessioni di non poco conto. In uno di questi, Stefania Delendati firma un editoriale intitolato “Riflessioni da supermarket”: da una banale attesa al supermercato Stefania si e ci rivolge una serie di considerazioni che non possono lasciarci indifferenti.

La persona con disabilità sogna una vita… normale

Vado a fare la spesa come un qualunque cittadino, mi soffermo a guardare la merce sugli scaffali (quella in basso, da seduta, perché per vedere i prodotti in alto rischio la slogatura della cervicale) e puntualmente compro più di quello che ho appuntato sulla lista. Di solito mi prendo il tempo che occorre, a volte capita che abbia fretta. Insomma, niente di diverso dalla norma, niente che giustifichi la pretesa di fare spostare i clienti al mio arrivo, manco fossi “Mosè che divide le acque”.

E quindi non vorrebbe essere trattata sempre come “speciale”

Alcuni, gentili, chiedono se devono farsi da parte. Magari stanno già trasferendo la spesa sul nastro trasportatore, ma cominciano a rimetterla nel carrello per lasciarmi il posto.

Ecco cosa pensa un disabile quando riceve attenzioni non necessarie e non gradite

Per tutto il tempo, fin quasi all’emissione dello scontrino, a turno, mi hanno domandato se volevo saltare la fila. Una solerzia premurosa imbarazzante, mi sentivo quasi in colpa a rifiutare, ma non avendo un motivo valido per accettare, sono rimasta al mio posto e ho sopportato l’atmosfera impacciata che si era venuta a creare.

Stefania conclude le sue riflessioni con un pensiero che è quasi una massima; ne riporto uno stralcio, lasciando a voi lettori il piacere di leggere per intero la risposta finale:

Le “debolezze” che ci appartengono sono in massima parte dovute alla visione assistenziale che si ha della disabilità, alla scarsa consapevolezza che ogni essere umano dev’essere parte attiva del meccanismo che fa funzionare il Paese. Ma noi diretti interessati lo pensiamo davvero?

Primo Piano di Stefania Delendati
“L’inclusione è affar nostro” afferma Stefania

Stefania, grazie per aver scritto questo articolo molto significativo. Raccontaci cosa fai nella vita.

Scrivere è la mia passione, il mio divertimento e il mio lavoro. Ho iniziato a collaborare con diverse testate di carattere sociale nel 1996 e dal 2000 sono iscritta all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Ad un certo punto ho deciso di cimentarmi con altri argomenti, quindi ho intrapreso una collaborazione con il periodico della Camera di Commercio di Parma. Per “Parma Economica”, questo il nome della rivista, mi sono occupata di storia del territorio parmense, ambiente, economia, turismo e arte. Di recente sono tornata al sociale con Superando.it, la testata on-line della Fish (Federazione Italiana Superamento Handicap).

Cosa dovrebbero fare le persone con disabilità per dare per prime un esempio da seguire invece di “predicare bene e razzolare male” come spieghi tu stessa?

Penso che la disabilità di per sé non sia una “condizione” per cui tutto è dovuto. Le persone con disabilità messe in condizione di pari opportunità devono dimostrare di avere delle capacità, devono impegnarsi nello studio e nel lavoro, non devono aspettarsi un trattamento di favore ad ogni costo. La società deve garantirci diritti concreti, non solo sulla carta, e possibilità adeguate alle nostre specifiche esigenze, e non deve farlo come se fosse un atto caritatevole. Una volta raggiunti questi obiettivi, il resto tocca a noi. L’inclusione è affar nostro, non possiamo delegarla completamente agli altri.

Un episodio di reale inclusione che ti ha particolarmente colpito.

Quando sento qualcuno affermare che un suo conoscente con disabilità ha un caratteraccio capisco che una reale inclusione è possibile. Ci si pensa poco, ma alle persone con disabilità viene spesso negato il diritto di essere insopportabili, eppure non è così scontato che siamo tutti buoni e bravi, anche questo è un tabù da abbattere. Vi assicuro che la percentuale di personaggi disabili “fastidiosi” è perfettamente sovrapponibile a quella dei cosiddetti “normodotati”.

Parole, quelle di Stefania, che dovremmo fare nostre.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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