Franco e Leonardo

Oggi abbiamo il piacere di ospitare Leonardo Panzeri, presidente dell’Associazione Osteogenesi Imperfetta in Italia; ne sono venuti fuori tanti spunti interessanti che spaziano dalla cultura alla figura della persona con disabilità in ambito lavorativo.

Ciao Leonardo, grazie per la tua disponibilità. Come nasce l’idea di dar vita all’Associazione ASITOI ed il tuo impegno in essa?

L’associazione nasce 31 anni fa da una mamma, Marcella, che tra le tante necessità per una persona con questa patologia, ha fortemente voluto puntare sulla ricerca scientifica, dando così un grande supporto ai medici e alla loro conoscenza, in particolare: l’ortopedico per la gestione delle fratture, il genetista  per comprendere da dove nasce la mutazione che provoca la malattia e il pediatra per valutare il trattamento farmacologico. A livello medico l’Italia è in ottima posizione, in un campo in cui l’America è la regina assoluta. Mamma Marcella ha molto a cuore l’Associazione e l’intento della fondazione nasce dal suo nucleo familiare, in quanto la figlia, scomparsa da poco, era nata con la OI in forma molto severa, manifestata già nell’utero.

L’AS.IT.O.I. (ndr. Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta) conta circa 250 tesserati, tra cui persone anche non portatrici di OI, mentre il nostro Notiziario è spedito a circa 900 famiglie, all’interno delle quali sono presenti anche più di una persona con OI. Parlando della malattia in generale, è difficile definire quante siano le persone affette, anche perché molte non lo dichiarano o non lo sanno ancora: un dato indicativo è di un nato su 10.000, ma la patologia ha varie forme e diffusione, per esempio in Sardegna c’è un’alta densità di persone con OI tanto da non ritenere questa patologia una malattia rara in questa regione.

Ritornando all’Associazione, noto un forte cambiamento: nata da genitori che tendevano a mettere i figli in una campana di vetro, oggi ha un respiro più ampio. I giovani vogliono vivere, essere padroni del proprio essere ed ora  hanno imparato a dire la loro e a vivere la loro vita al di la delle problematiche fisiche, seppur presenti.

Esistono altre associazioni in Italia sull’argomento? All’estero?

Sono Presidente dell’Associazione da 11 anni, ma ne faccio parte da 18. In Italia specificatamente per l’OI siamo gli unici, all’estero ce ne sono tante altre, almeno una per nazione. Invece esistono molte federazioni di associazioni che trattano argomenti differenti sulle varie problematiche della disabilità. Sconfiggiamo la nostra rarità con l’unione e questa ci dà la forza di farci conoscere e di combattere battaglie importanti per la tutela dei nostri diritti.

Quali sono i tratti distintivi della associazione?

Lo scopo dell’Associazione è quello di essere un punto di riferimento per chi è portatore di OI e questo può essere declinato in diversi modi. All’inizio essa era nata per avere principalmente un supporto medico: questo obiettivo c’è ancora oggi e va avanti, ma ora è anche importante sostenere la persona nelle varie attività e problematiche sociali per vivere le quotidianità, con l’indipendenza e l’autonomia sia a livello familiare sia  lavorativo sia sentimentale. Ad esempio 8 anni fa i ragazzi hanno spinto affinché si parlasse di sesso nonostante e con l’OI: è crollato così un forte tabù e oggi il dialogo tra genitori e figli è più sereno.

Qual è la più grande soddisfazione che hai raggiunto con l’Associazione?

La compartecipazione dei soci alla crescita dell’associazione. Il socio che spontaneamente collabora con l’ Asitoi spesso si sente parte di un obbiettivo e vuole essere coinvolto nella realizzazione di un progetto. L’associazione é rappresentata dai soci oggi più che mai e questo si percepisce sia durante i convegni annuali  sia sui social.

Tra gli associati, quanti di loro lavorano (anche in percentuale)? In che settore?

Il mondo del lavoro per noi va differenziato in base alla forma della patologia, ma in ogni caso è importante la valutazione dei rischio che quel lavoro ti porta ad avere, rischi che se non ben valuti ti portano a conseguenze fisiche: è necessario far presente quali attività possono essere svolte e quali no. Altro caso è la ricerca del lavoro, ad esempio tramite il collocamento obbligatorio. In generale la persona con disabilità è vista come figura atta a svolgere funzioni riduttive: centralinista, data entry… con tutto il rispetto per queste figure, ma è un luogo comune da sfatare. Abbiamo delle capacità, delle competenze e dobbiamo essere valutati per quello che sappiamo fare, pur con le nostre limitazioni.

La società spreca dei talenti quando non assume una persona con disabilità, preferisce pagare una multa e non rendere produttiva una persona capace.

Quali innovazioni tecnologiche hanno agevolato l’inserimento in ambito lavorativo?

Il rapporto con i nuovi media è ottimo: avere dei mezzi di comunicazione più fruibili, la possibilità di avere dei contatti fra persone grazie al PC e ad una webcam ha incentivato l’inclusione delle persone con disabilità all’interno della società.

Per chiudere, cosa ancora manca in Italia e qual è il tuo più grande sogno?

A livello associativo vorrei che fossimo un po’ più’ organizzati e strutturati, in generale mi piacerebbe che certe barriere mentali crollassero ma dobbiamo farle crollare noi persone con disabilità e far in modo che non vengano  più costruite. Ancora troppo spesso si parla di “disabili” e non di “Persone” con disabilità.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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