Oggi ospitiamo Giorgia Sofos, Responsabile Risorse Umane in Qiagen S.r.l. che ha assunto due persone tramite il servizio Jobmetoo di recruiting.

Buongiorno Giorgia. Iniziamo con una domanda che ci riguarda in prima persona: come ha conosciuto Jobmetoo?

Ho conosciuto Jobmetoo grazie a Elisabetta Cammarano, Recruiter per Jobmetoo. Ero in procinto di iniziare una ricerca per l’inserimento di due risorse in azienda e ho deciso di affidarla a Jobmetoo. Questa ricerca aveva carattere di urgenza, in quanto dovevamo adeguarci alla normativa entro i primi giorni del 2016 e avevamo meno di un mese e mezzo per riuscirci. Il mio timore era di non attrarre sufficienti candidature valide per poter iniziare a fare i primi colloqui conoscitivi, ma così non è stato. I candidati che hanno risposto alla nostra offerta di lavoro in buona parte avevano le competenze e il background richiesto. Abbiamo incontrato persone molto valide e competenti.

Quale motivo ha spinto la Sua azienda a rivolgersi a Jobmetoo? 

La necessità improcrastinabile di adeguarsi alle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili.

Quali sono i vantaggi che ha riscontrato nei servizi Jobmetoo rispetto alle agenzie tradizionali?

La facilità di utilizzo del portale nello spazio riservato all’azienda selezionatrice, l’ampio numero di candidati iscritti al servizio, la completezza di informazioni in merito ai questi, il questionario di autovalutazione delle disabilità. Tutti strumenti utilissimi per chi ha necessità di fare inserimenti mirati.

Al di là delle regolamentazioni legislative, qual è la politica aziendale sull’inserimento nel mondo del lavoro delle persone disabili?

Quella in cui lavoro, sebbene sia una multinazionale leader nel mondo dell’healthcare presente in più di 30 paesi nel mondo, in Italia è un’azienda con poco più di 40 dipendenti, ognuno deve svolgere il proprio lavoro in autonomia, nel rispetto delle regole e degli standard, garantendo una condotta aziendale impeccabile. L’Azienda prende decisioni relative all’impiego indipendentemente da razza, colore, credo religioso, età, sesso, orientamento sessuale, stato civile, origine nazionale, disturbi mentali o disabilità fisiche. I dipendenti QIAGEN sono il bene più prezioso della nostra Azienda. Siamo impegnati in una cultura di continuo apprendimento e sosteniamo lo sviluppo di tutti i dipendenti, senz’alcuna discriminazione.

Ritiene che le tipologie di contratto oggi disponibili facilitino l’inserimento in azienda di persone disabili?

Ritengo che non si faccia ancora abbastanza in Italia in termini di cultura dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone disabili, le tipologie contrattuali sono solo a margine di una discussione più impegnativa ed estesa, che forse non riguarda solo i disabili ma anche altre categorie di lavoratori e lavoratrici svantaggiate.

Pensa che il lavoro in remoto sia una strada percorribile per l’azienda? Esistono casi concreti?

Certo, per noi è già una realtà da molto tempo. Il personale in ufficio, e di conseguenza la dimensione dei nostri nuovi uffici, sono molto ridotti rispetto all’organico aziendale. Meno del 30% dei dipendenti ha una postazione fissa in ufficio. Tutti gli altri gestiscono il loro lavoro da casa con gli strumenti informatici messi a disposizione dall’azienda. E’ una tipologia di lavoro molto diffusa all’estero ma che in Italia stenta a decollare. Devo dire che in QIAGEN funziona, tutti i lavoratori che si collegano da remoto svolgono il loro lavoro con la massima diligenza e senso di responsabilità e ne beneficiano dal punto di vista di equilibrio tra vita privata e lavoro. L’unico rischio che rilevo è la possibile sensazione di isolamento che il lavoratore può avere. Uno scambio di battute davanti alla macchina del caffè è utile per continuare a sentirsi in contatto con la dimensione più umana del lavoro. Essere tutto il giorno in compagnia di un computer potrebbe farci perdere questa dimensione alla quale, almeno nel nostro paese, siamo molto legati.

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