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Il mio gioco preferito da piccolo era quello composto da due piccoli personaggi: nella mia fantasia, bastava che avessero un mantello e diventavano subito dei supereroi. Loro erano i paladini delle mie storie fantastiche, gli eroi che avrebbero sconfitti i nemici, soggetti da me creati per apportare scompiglio alla calma del mio campo da gioco.

Se per i miei supereroi ho sempre voluto degli oggetti tangibili, per i loro nemici mi bastava la fantasia: mi piaceva l’idea di poter toccare il salvatore delle mie imprese fantasiose, portarlo a letto con me, sentirmi al sicuro.

Con il passare degli anni e l’abilità alla lettura il mondo magico dei supereroi si amplia, arrivando anche a comprendere paladini comuni anche ai miei amici: Superman e Batman erano gli standard internazionali, imposti dalla cultura americana che già in quegli anni surclassava la comunicazione con i propri modelli; per rimanere in un territorio più nazionale, Topolino era la mia lettura settimanale (condizionato da mio padre che ancora oggi acquista il giornalino dei più piccoli) e i suoi casi misteriosi e la sua abilità nel risolverli mi hanno sempre affascinato.

Mai avrei immaginato che da grande (se posso ritenermi tale) avrei lavorato con uno degli autori di Topolino: Daniele Regolo, il fondatore di Jobmetoo, nel suo passato ha svolto anche questo lavoro. Confrontandoci sul tema è emerso che, se il mio modello era il “classico” Topolino, per Daniele il suo supereroe si concretizzava in Paperinik. Un personaggio sopra le righe, l’alter ego di un papero che di abilità ha veramente poche, anzi si ritrova spesso nei casini ed in situazioni imbarazzanti.

Con Daniele abbiamo preso spunto da quel confronto per realizzare un video in vista dell’OkDay del 29 Settembre 2016 e abbiamo realizzato un video in cui Daniele spiega il perchè della sua scelta del supereroe preferito, quel Paperinik che nasconde diverse abilità.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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