Eri Ueno, Emanuele Perini Michael Bampoe, Simone Soria, Gionathan Soares Credits foto: AIDA Onlus

Io, disabile, ho dovuto compiere un cammino importante per evitare di cadere nel tranello di considerare le persone con disabilità buone, brave, valide a prescindere. Proprio perché orientato alla parità di trattamento – tema che mi è assai caro – sono sempre voluto andare oltre la disabilità e addentrarmi nella conoscenza del mio prossimo con apertura mentale e curiosità. Questa premessa per rafforzare quanto sto per scrivere: Simone Soria è una persona che mi inonda di autentica emozione. L’ho conosciuto alcuni anni fa, ogni tanto ci incontriamo agli eventi legati alla disabilità, e restiamo sempre in contatto grazie all’uso delle moderne tecnologie. Simone, con la sua sapienza, mi incute anche una sorta di soggezione, quella che l’allievo ha per un professore che stima. Perché tutto questo, voi direte? Leggete le sue parole e poi nel parliamo di nuovo insieme…

Chi è Simone e cosa fa nella vita?

Sono un figlio di Dio! Nato con una paralisi cerebrale infantile che mi impedisce di usare gli arti in modo funzionale e di parlare correttamente. Questo però non mi ha negato la possibilità di vivere e realizzare una vita “normale”: laureato in ingegneria, lavoro (rivolto al sociale), ho moltissimi amici, una moglie, una casa, ho vinto contro un tumore e mi sono convertito spiritualmente.

Il tuo lavoro è quindi anche una missione: raccontaci la tua giornata lavorativa

Giusto; verso la fine del mio percorso di studi in ingegneria informatica, mi sono sentito chiamare per aiutare gli altri disabili gravi con quanto avevo imparato a fare durante l’Università. Quindi, sì, il mio lavoro è anche una missione. Ogni giornata lavorativa è diversa dall’altra e, spesso, imprevedibile: a volte si fa una valutazione con la persona disabile (da noi, a domicilio, o via internet), a volte attività di amministrazione, coordinamento lavori, conferenze: e tutto questo è figlio della continua ricerca che porta alla progettazione nuovi software. L’unica costante sono i momenti di preghiera che scandiscono la mia giornata, consentendomi di staccare per un po’ la spina da tutto e collegandola a Dio.

Quanto è importante “cucire” la tecnologia su misura? Questo è un aspetto sicuramente sottovalutato!

Giusto , spesso si pensa che basta l’ausilio per risolvere il problema. Non è affatto vero, l’ausilio per diventare davvero efficace ed efficiente dev’essere adattato alla persona, soprattutto se si tratta di handicap motori molto gravi con anche ritardi cognitivi. L’adattamento dei nostri ausili interessa sia il punto motorio, sia quello dei contenuti. Spesso seguiamo i ragazzi lungo il loro percorso scolastico ed evolutivo.

L’invenzione di cui vai più orgoglioso?

FaceMOUSE anche dopo 16 anni resta una rivoluzione, per il target di persone a cui si rivolge (tetraparesi spastiche gravi) e per il modo in cui soddisfa l’esigenza. Sul mercato mondiale si trovano principalmente due tipologie di ausili: i sistemi (piuttosto lenti) a scansione controllati da uno o due sensori, oppure all’estremo opposto i puntatori oculari, che possono anche essere efficienti ma stancano gli occhi e a lungo andare li danneggiano, poiché utilizzano raggi infrarossi. Si propongono queste soluzioni perché relativamente veloci da apprendere. FaceMOUSE, invece, utilizza una comune webcam e sia adatta al movimento migliore della persona, che nel tempo può anche essere raffinato (possiamo considerarla quindi una sorta di riabilitazione).

Conduci una vita molto indipendente e sei anche sposato: vuoi raccontarci questi aspetti?

 È tutto per grazia di Dio! Fin da piccolo sono stato insieme agli altri, in ogni momento della mia vita ho trovato l’amico sincero e almeno un insegnante o educatore valido. Questi due fattori mi hanno permesso di sviluppare la capacità di relazionarmi con gli altri in ogni contesto. Insomma, ho trovato gli angeli giusti al momento giusto ed io ho cercato di fare la mia parte aprendomi al mondo ed accettando le sfide. Mia moglie è uno di questi angeli ed il matrimonio un bellissimo viaggio che intraprendiamo insieme, con fiducia, impegno, amore ed affidandoci a Dio.

Come occupi il tempo libero?

Qual è la definizione di tempo libero?! Il mio lavoro per AIDA onlus si intreccia con il lavoro svolto per il Signore e il tempo passato con mia moglie. Quindi a volte c’è da svolgere qualche pellegrinaggio e dare delle testimonianze di fede e di vita: da remoto via internet, oppure incontri e, a volte, piccole conferenze. Invece con mia moglie, Eri Ueno, si va nei ristoranti giapponesi oppure si fa qualche gita, una passeggiata in campagna.

In Simone molte cose diverse ne diventano una sola: la sua condizione, il lavoro, la fede profonda, così come quelle persone giuste che per fortuna non gli sono mai mancate (amici veri, insegnanti pronti). Tutto questo insieme, nelle sue mani, si traduce in una autentica voglia di vivere, di esserci, di lasciare un solco nella propria storia e in quella della società. Simone, con sua moglie Eri Ueno, con la persone che gli sono accanto e che gli rendono possibili molte azioni quotidiane, non si ferma: va oltre. Ma non sempre avanti, torna indietro, per riprendere coloro che sembrano perduti, e li aiuta a tornare in carreggiata, a trovare la propria strada e, chi lo sa, anche una propria fede.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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