“La bocca della verità” è il sunto principale per definire l’innocenza dei bambini: ciò che dicono rappresenta ciò che pensano, la loro realtà, il loro mondo. Anche gli occhi non scherzano: ti guardano in maniera fissa finchè non riceveranno una risposta a loro esaustiva o finchè ciò che si trova davanti alla loro vista non è chiaro.
Il loro scrutare è per noi un atteggiamento poco educato, perché? Perché manca nei bambini il condizionamento sociale, quelle regole non scritte che guidano gli adulti nella loro quotidianità, che a loro volta cambiano in base alla cultura e al Paese di riferimento.
Vedere la disabilità con gli occhi dei bambini
Esemplare l’inizativa dell’Associazione Noemi, nata in Francia con il fine dell’assistenza alle persone con disabilità: ha chiesto a diverse coppie di genitori e figli di sedersi uno a finaco all’altro e, divisi da una parete momentanea che impedisse di vedersi l’un l’altro, è stato chiesto loro di replicare le espressioni delle persone che avrebbe visto in un video. Vediamo come è andata, diamo un occhio al filmato
Le differenze tra genitori e figli sono minime nelle imitazioni, finchè non si palesa in video una persona disabile, sorridente, la quale propone anche lei una smorfia. Qui le reazioni cambiano: gli occhi dei bambini vedono una persona come le altre, i genitori si bloccano, non imitano il gesto, quasi a voler rispettare la ragazza disabile, comportamento imposto da una società che tende a vedere (si badi bane da adulti, non da bambini) il disabile come una persona diversa, un pregiudizio culturale difficile da cambiare.
La disabilità non deve essere vissuta (e vista) come una diversità, ma come un’opportunità per la persona e per coloro che la circondano: sia che ci si trovi in un contesto professionale, che in un ambiente giocoso come quello creato dall’Associazione Noemi, il disabile è una persona che ha il suo ruolo nel mondo lavorativo e sociale.