“La bocca della verità” è il sunto principale per definire l’innocenza dei bambini: ciò che  dicono rappresenta ciò che pensano, la loro realtà, il loro mondo. Anche gli occhi non scherzano: ti guardano in maniera fissa finchè non riceveranno una risposta a loro esaustiva o finchè ciò che si trova davanti alla loro vista non è chiaro.

Il loro scrutare è per noi un atteggiamento poco educato, perché? Perché manca nei bambini il condizionamento sociale, quelle regole non scritte che guidano gli adulti nella loro quotidianità, che a loro volta cambiano in base alla cultura e al Paese di riferimento.

Vedere la disabilità con gli occhi dei bambini

Esemplare l’inizativa dell’Associazione Noemi, nata in Francia con il fine dell’assistenza alle persone con disabilità: ha chiesto a diverse coppie di genitori e figli di sedersi uno a finaco all’altro e, divisi da una parete momentanea che impedisse di vedersi l’un l’altro, è stato chiesto loro di replicare le espressioni delle persone che avrebbe visto in un video. Vediamo come è andata, diamo un occhio al filmato

Le differenze tra genitori e figli sono minime nelle imitazioni, finchè non si palesa in video una persona disabile, sorridente, la quale propone anche lei una smorfia. Qui le reazioni cambiano: gli occhi dei bambini vedono una persona come le altre, i genitori si bloccano, non imitano il gesto, quasi a voler rispettare la ragazza disabile, comportamento imposto da una società che tende a vedere (si badi bane da adulti, non da bambini) il disabile come una persona diversa, un pregiudizio culturale difficile da cambiare.

La disabilità non deve essere vissuta (e vista) come una diversità, ma come un’opportunità per la persona e per coloro che la circondano: sia che ci si trovi in un contesto professionale, che in un ambiente giocoso come quello creato dall’Associazione Noemi, il disabile è una persona che ha il suo ruolo nel mondo lavorativo e sociale.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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