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La frase che dà il titolo a questo post è tratta da “Hugo Cabret”, un film fantasy in 3D del 2011, diretto da Martin Scorsese.

Il film racconta la magica e misteriosa avventura di Hugo, un ragazzino orfano e pieno di inventiva, che vive in una vecchia stazione della Parigi degli anni 30’ del secolo scorso, dove si occupa di far funzionare gli orologi; mentre cerca la chiave per far luce su un segreto legato alla vita di suo padre, finisce per migliorare quella delle persone che lo circondano, trovando anche un luogo che può chiamare finalmente casa.
Hugo Cabret, che ha vinto 5 premi Oscar, rappresenta, per molti aspetti, la celebrazione dell’artigiano e del suo lavoro manuale.

Spostandoci dal cinema a Internet, passando per il contesto accademico e quello industriale, possiamo notare come la valorizzazione e riaffermazione del lavoro degli artigiani – in versione 2.0 chiamati artigiani digitali o makers – abbia acquistato di recente grande importanza.

La crisi dell’industria manifatturiera, con la chiusura e la delocalizzazione di molte fabbriche, ha lasciato un vuoto nei territori, che via via viene colmato da iniziative imprenditoriali più piccole o anche a carattere individuale, in parte anche domestico. Questi nuovi spazi per definizione creativi e collaborativi, dotati di macchinari all’avanguardia come le stampanti 3D e svariati plotter, nonché di software open source e a bassissimo costo come ad esempio Arduino, prendono il nome di FabLab

Nati per caso nel MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, si sono diffusi a livello globale, dagli Stati Uniti all’Europa, all’Africa e ad alcuni Paesi dell’Asia.

L’Italia, seppur con un certo ritardo, non è rimasta esclusa da questa tendenza e ormai i FabLab rappresentano delle realtà consolidate in molte delle nostre città. Il primo FabLab italiano è quello di Torino ma ad oggi sono presenti anche a  Roma, MilanoNapoliCagliari e in molte altre aree geografiche.

 Digitando su Google le parole “fablab” e “disabilità”, ecco apparire una serie di risultati relativi a strumentazioni come carrozzine  (efficenti e a bassissimo costo) , oppure al nuovo approccio all’ internet delle cose che invade sempre più le nostre case e la vita quotidiana, riempiendole di oggetti “intelligenti” e interattivi e che sembra destinato a diventare un vero e proprio business.

Ai FabLab sarà dedicato uno spazio espositivo anche all’interno dell’ormai imminente Handimatica 2014.

Chiaramente i FabLab non sono dei luoghi dedicati alle persone con disabilità, però sicuramente costituiscono una delle iniziative più inclusive del momento, posto che di volta in volta ne vada valutata l’accessibilità e venga garantita la rimozione delle barriere architettoniche e di quelle psicologiche, che ad esempio vorrebbero le persone disabili unicamente come utenti finali e non anche come makers.

 Avete mai frequentato un FabLab? Com’è stata l’esperienza? Oppure, cosa vi aspettereste di trovare in un FabLab?

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