Ho conosciuto Guido Migliaccio un paio d’anni fa dopo aver letto il suo pregevole testo “La risorsa diversamente abile nell’economia dell’azienda”. Persona di grande cultura e spessore, ma anche alla mano come si conviene agli uomini di vero prestigio, Guido Migliaccio è professore associato di Economia aziendale e di Ragioneria generale ed applicata nell’Università degli studi del Sannio. Ha conseguito due Phd: in Economia e direzione delle aziende pubbliche e in Marketing e comunicazione. È curatore e autore di numerosi saggi scientifici su temi di contabilità e bilancio, economia ed etica aziendale e Disability management.
L’ho finalmente conosciuto di persona a Bomba, proprio questa estate, in occasione dell’evento Hospitability 2015 e ho ammirato la sua capacità di parlare al pubblico in modo scientifico e appassionato nello stesso istante. Ma cos’è che mi colpisce soprattutto di questo studioso? La sua volontà di far emergere, della disabilità, un aspetto che da troppo tempo resta nell’ombra e che invece è sempre più rilevante: l’impatto economico positivo che la persona con disabilità può generare su economia e società. Guido è una di quelle risorse che meritano quindi ogni supporto e visibilità per lo spirito con cui porta avanti i suoi percorsi accademici.
Ad un recente simposio presso l’Università di Bergamo, ha illustrato così bene questi temi che nel riprenderne giusto qualche aspetto temo di non rendergli piena giustizia. Quindi, appena terminato questo post, dedicatevi alla lettura del suo intervento, che trovate qui integralmente. Richiede pochi minuti che vi arricchiranno molto.
La disabilità può generare impatto economico anche positivo!
Già, perché imbottiti come siamo dai soli miti del disabile che costa e che riceve la pensione grazie ai nostri soldi, del parente del disabile che balla il tango sfruttando i permessi della Legge 104, non riflettiamo abbastanza sul fatto che la persona con disabilità è, prima di tutto, una persona come tutte le altre, che domanda accesso a beni e servizi (a pagamento) come tutte le altre. Questo ha un enorme impatto positivo sull’economia e rende il mercato più completo e veramente degno di questo nome.
Disability managent: solo una bella parola per i convegni?!
Altro punto caldo: inserire un disabile in azienda non “serve” per aumentare la responsabilità sociale d’impresa se la persona con esigenze speciali viene parcheggiata in qualche ufficio. Sappiamo bene che un disabile può portare alto valore aggiunto in termini di forza caratteriale, costanza, capacità di gestione dello stress (già, perché se è stressante alloggiare in hotel di lusso per lavoro, vivere con la misera pensione lo è sicuramente di più…): tutte qualità a disposizione dell’azienda. Ma il mondo del lavoro non conosce ancora a fondo questo aspetto. Per questo, parole e lezioni come quelle del prof. Migliaccio debbono essere messe sempre più in evidenza, a vantaggio di tutti.
Tra le altre cose, egli scrive: “L’esigenza di un’analisi più attenta del fenomeno della disabilità non è solo un dovere etico-morale”. Ecco quindi lo spunto per allinearci ancora di più al paradigma della Convenzione ONU: il disabile non è solo un costo, e allo stesso modo una società che vuol definirsi sempre più inclusiva non può ragionare solo in termini utilitaristici. Anche “piazzare” il disabile per farsi belli è un utilitarismo.