Chat_yourself_jobmetoo

Oggi voglio giocare con la fantasia, ti va? Iniziamo subito: immagina di star studiando per diventare un professionista completo nel lavoro dei tuoi sogni; dopo anni trascorsi sui libri e ore di ripasso finalmente il percorso di studi si completa ed inizia un nuovo capito della propria vita, quello della  ricerca del lavoro: all’inizio si dovrà fare esperienza e il lavoro non sarà quello ottimale, con il trascorrere degli anni si individuano le proprie aspirazioni e ci si stabilizza; a livello personale si cercherà una vita di coppia o comunque in serenità con il proprio ambiente ed i propri bisogni.

Dopo anni trascorsi a costruire la propria vita, una famiglia, la propria esistenza, si attende la tarda età per poter godere dei propri sacrifici: ci si dedica ai propri hobby, le passioni messe da parte durante gli anni di lavoro, ma anche agli affetti, i figli ed eventuali nipoti, nonché gli amici nuovi e di vecchia data.

Abbiamo costruito questa fantasia, in realtà non molto distante dal percorso di un uomo classico, almeno nel Mondo Occidentale, ma aggiungiamo un altro fattore, in forte sviluppo e crescita: l’Alzheimer. Questo male rende irriconoscibile che ci sta vicino, dove siamo, cosa dobbiamo fare, fino a far dimenticare chi siamo. Essere affetti dall’Alzheimer non è un forte dolore per il paziente soltanto, ma, soprattutto, per i suoi cari: perdòno la persona che hanno conosciuto sino a poco tempo fa e questa, di riflesso, non riconosce in loro la giusta figura, sono degli estranei che vivono nello stesso ambiente, sia che si parli di un contesto intimo come la casa, sia che ci si riferisca a qualcosa di più grande come una città o comunità.

Quando l’Alzheimer colpisce, nessuno può aiutarti a ricordati chi sei, solo tu! Così nasce Chat Yourself: è una chat, ma non come tutte le altre che permettono di comunicare con tutte le persone presenti nel proprio network, ma solo con una persona: te stesso. Grazie all’utilizzo dei chat bot, le persone vicine al malato di Alzheimer posso pre-caricare delle informazioni di base sul software che saranno consultabili dalla persona che utilizzerà l’APP nel momento del bisogno.

Al fine di ampliare ulteriormente la possibilità di riprendere in mano la propria vita, l’APP è stata sviluppata su Facebook, in modo che siano in contatti stessi della persona affetta da Alzheimer a ricordagli chi sono e che ruolo hanno nella sua vita. Ma non finisce qui: Chat Yourself permette di inviare notifiche push molto utili, come un remind per il pranzo o la cena, indicare quali sono i piatti preferiti o ciò che si mangia di solito, azioni che vengono date per scontate, ma non sono tali nel caso dell’Alzheimer.

Sviluppata da psicologi specializzati che hanno impiegato oltre 1.000 ore del loro tempo nella Ricerca e Sviluppo del software, l’interazione con il malato di Alzheimer è completa, permettendo di attutire la paura di uscire di casa, tipica di chi soffre di questo male: una volta fuori e colti dalla sensazione di essersi persi, sarà sufficiente interrogare l’APP e questa ci dirà dove siamo e come rientrare a casa. Un’altra situazione di imbarazzo è quella di fare domande scomode o imbarazzanti: la programmazione del software permette di indicare dove sono le chiavi di casa, il telecomando della TV, i vestiti…e tutto ciò che possa aiutare la routine quotidiana.

L’obiettivo finale è quella di conquistare nuovamente la propria routine e, in particolare, la propria persona: chi si è, cosa si è costruita nella vita, chi sono i nostri cari e le nostre passioni. Uno strumento semplice e molto funzionale, dalla finalità altamente inclusiva.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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