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Ci sarebbero numerose testimonianze che potremmo riportare riguardo a personaggi illustri che, prima di diventare icone e modelli da seguire, hanno fallito nella loro vita. Michael Jordan ha sempre affermato: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto“; Winston Churchill fu bocciato a scuola, per poi diventare uno dei personaggi dal pensiero più fine e protagonista degli avvenimenti storici del ventesimo secolo; Abrham Lincoln, considerato il padre della costituzione americana, perse le prime elezioni e il suo primo lavoro; l’elenco sarebbe lungo, ci fermiamo qui.

Cosa accomuna i personaggi su menzionati, oltre agli episodi di fallimenti? La capacità di ripartire, di mettersi subito in gioco, di voltare pagina. Questo il concetto di cui vogliamo parlare oggi, molto in voga ultimamente: Fail fast!

Un professore dell’Università di Princenton, Johannes Haushofers, ha deciso di redigere un suo CV alternativo, in questo documento ha deciso di inserire solamente i suoi fallimenti. Ha iniziato elencando i corsi ai quali non ha avuto accesso, le borse di studio che non ha vinto, le pubblicazioni rifiutate e molto altro. Il CV dei fallimenti è pubblico, quindi accessibile e consultabile da tutti.

Anche Johannes non si è scoraggiato, anzi, ha sfruttato queste situazioni a suo vantaggio per trovare la strada giusta per lui, per trovare la sua vera inclinazione e il suo lavoro ottimale. Il professore ammette anche che «Questa versione del curriculum, piena di fallimenti, ha ricevuto molta più attenzione del mio lavoro accademico di una vita».

Pertanto, non nascondiamo le nostre sconfitte, i nostri insuccessi, ma inseriamoli in un contesto di crescita, di situazioni che ci hanno fatto capire cosa non era in linea per noi e ci hanno migliorato nelle nostre competenze attuali.

Fonte: Startup Italia

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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