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Avevo uno zio strano, da piccolo lo guardavo e non capivo cosa diceva, eppure riuscivo a comprendere gli altri parenti, le loro richieste ed i loro racconti; zio Lino era un mistero: le sue parole erano nuove per le mie orecchie, la sua costruzione sintattica diversa da quella regionale, i suoi occhi brillavano anche da zitto. Con il tempo ho imparato a conoscere i suoi figli (frequentavano spesso casa mia) e di conseguenza anche lui: era un insegnante, di quelli a cui piace insegnare e far crescere i propri alunni, un educatore nel vero senso della parola, colui che condivide il suo sapere e le scoperte per il piacere di diffonderle.

Zio Lino aveva tante passioni: la pittura (ogni parente aveva un quadro di zio in casa, sembrava una tradizione non scritta una regola da rispettare), la scrittura (come poteva essere diversamente con la sua capacità orale?) e anche il biliardo. Non c’erano molti locali dove poter giocare al biliardo in paese, in quei pochi che erano presenti sul territorio mio zio era una specie di divinità.

Anche a me è capitato di bigiare la scuola e finire in qualche sala giochi a trascorrere la mattinata, più per seguire i miei compagni che per vero interesse: in questi locali sentivo nominare mio zio, dei suoi colpi al biliardo e delle partite concluse con sponde impensabili; io stavo in un angolo, osservavo e non parlavo: non dicevo mai che si trattava di mio zio, me ne vergognavo, ma per me, in quanto non ho mai saputo tenere una stecca in mano (che affronto sarebbe stato se mio zio l’avesse saputo!).

In sala giochi non potevano entrare i compagni su sedia a rotelle: tutti i luoghi preposti al divertimento dei giovani erano ben disposti a spendere dei soldi per coprire le vetrine d’ingresso (un po’ come succede oggi con le sale con le slot machine), ma non percepivano il bisogno di rendere accessibili i locali. Bene, se anche avessero predisposto un ingresso su misura per persone con disabilità, queste non sarebbero stati in grado di giocare a biliardo.

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Oggi questo problema è stato affrontato e superato: al Maker Faire di Roma di qualche settimana fa è stato presentato un biliardo accessibile. La sua peculiarità è la possibilità di regolarsi in altezza alle necessità del giocatore, riuscendo a non muovere nessuna palla presente sul tappeto. Una bella novità in ambito di inclusione, un’ottima news per gli appassionati dello sport: oltre ai tappeti riscaldati, le stecche personali, i guanti e ai trucchi del mestiere, oggi dispongono anche di un tavolo su misura e accessibile.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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