Meryl Streep

Quando una persona famosa o popolare sponsorizza un prodotto, i consumi di quest’ultimo aumentano: un transfer fans/personaggio-famoso si instaura attivando la parte emozionale del rapporto, in un legame che porta a pensare, in maniera inconscia “se questo prodotto è utilizzato dalla persona famosa che io stimo, vuol dire che è un prodotto buono, lo voglio anch’io!“.

Questa regola è ben nota ai pubblicitari che sfruttano il transfer su descritto per poter aumentare le vendite e dare un “trust” al prodotto/servizio da sponsorizzare: oggi (ma anche ieri) vediamo in TV numerosi testimonial (come vengono chiamati) che associano la loro immagine ad un brand: Bruce Willis con Vodafone, Valentino Rossi con Fastweb, George Clooney con Nespresso, Rita Ora con Tezenis….e molti altri.

L’associazione è così forte che non viene utilizzata solo per vendere, ma anche per sensibilizzare: tante volte avviene in modo diretto, si veda il caso di Checco Zalone per la ricerca, altre volte in maniera più indiretta, nascosta, celata, senza loghi in vista o immagini forti.

La scorsa settimana si sono svolti i Golden Globes, importanti riconoscimenti nel panorama holliwoodiano, un’anteprima degli Oscar: una parata di stelle, di attori e personaggi che ruotano intorno al cinema americano. A premio assegnato, l’attore sale sul palco e pronuncia il suo discorso: ringraziamenti, sacrifici e riconoscimenti sono le tematiche principali. Non questa volta per Meryl Streep che, salita sul palco per ritirare il premio, ha voluto ricordare le radici delle persone oggi famose e benestanti. Colleghi e attori che hanno origini svariate: dall’Italia all’Africa, dal Sud dell’America ai paesi asiatici. L’unicità delle persone non deve essere una discriminante di isolamento, ma un valore aggiunto, dovuto alla cultura e al background diverso che portano con sé: un ricco bouquet di esperienze e punti di vista che aumentano la sensibilità e l’inclusione dei nostri fratelli e sorelle nati in altre realtà.

​https://youtu.be/i4nyLTwy26c​

Fonte: Wired

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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