Lavoro e Sindrome di Down
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La principale innovazione che Jobmetoo ha cercato di portare è stata quella di estendere le potenzialità del recruiting online a quelle fasce svantaggiate come le persone con disabilità: persone come me, che necessitavano di un riferimento forse più moderno. Quando si parla di disabilità, tuttavia, non ci si riferisce ad una sola condizione, ma a tante, e molto differentitra loro. Perfino la stessa disabilità può avere diverse declinazioni. Tra queste, le più complesse da gestire sono sicuramente quelle intellettive, che poi, diventano anche quelle a maggior rischio di emarginazione. Per tale ragione, è fondamentale rivolgersi al mondo associazionistico, che in Italia rappresenta una ricchezza sovente sottovalutata. Le associazioni, non dimentichiamolo, sono portatrici di complessi know-how che non si troverebbero altrove.

In occasione della giornata mondiale della Sindrome di Down (21 Marzo), abbiamo voluto approfondire il tema con Martina Fuga, responsabile della comunicazione di Coordown.

 

Martina, spiegaci cos’è CoorDown e quali sono i suoi obiettivi specie in tema di lavoro

Il Coordinamento delle associazioni delle persone con sindrome di Down nasce nel 1987 con lo scopo di promuovere azioni di comunicazione condivise tra le diverse organizzazioni italiane impegnate nella tutela e nella promozione dei diritti delle persone con sindrome di Down. Le associazioni aderenti al coordinamento sono attualmente 54. Il CoorDown rappresenta oggi l’organismo ufficiale di confronto con tutte le Istituzioni per quanto riguarda le problematiche e i diritti delle persone con la sindrome di Down.
Sul tema del lavoro CoorDown ha realizzato di recente il Vademecum “Pronti Per lavorare”, Idee, opportunità e risorse per accompagnare al lavoro le persone con disabilità intellettiva – che si rivolge a istituzioni, aziende, operatori e genitori con l’obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare tutti sull’importanza del lavoro nella vita delle persone con sindrome di Down e favorire i percorsi di autonomia e inserimenti lavorativi su tutto il territorio nazionale.
Per la giornata mondiale sulla sindrome di Down del 21 marzo, avevamo preparato una campagna di comunicazione dedicata al lavoro con una forte call to action, che abbiamo deciso di rimandare a tempi migliori.

 

Sicuramente un progetto così importante merita di essere diffuso in una condizione ambientale più favorevole e serena per tutti. Tornando al lavoro, hai qualche dato significativo sulle persone con SD che lavorano? 

Un censimento completo e attendibile a livello nazionale non c’è. CoorDown ha lanciato qualche mese fa un sondaggio prima in Italia e poi nel mondo in sei lingue. Abbiamo raccolto oltre 2500 interviste, un sondaggio che rimarrà aperto per raccogliere dati ancora più significativi. Il tasso di occupazione appare molto alto, ma siamo consapevoli che sia un dato condizionato dal fatto che la maggior parte degli intervistati che hanno risposto sono membri di associazioni di categoria e quindi particolarmente seguiti e supportati nel loro progetto di vita e quindi anche nell’inserimento lavorativo.

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Sappiamo che non sono dati realistici soprattutto non omogenei in tutti i territori e stiamo facendo una mappatura tra le nostre associata per verificare i numeri effettivi. In Italia i dati parziali ci dicono che tra quelli che non lavorano il 91% vorrebbe lavorare e non solo al bar o nella ristorazione (31%), ma anche nella moda e nello spettacolo (25%), in ufficio (11%), in una fattoria (8%), in negozio o magazzino (7%), altro (18%).

Tra quelli che lavorano il 75% è molto soddisfatto del proprio lavoro, il 70% ha un ottimo rapporto con i colleghi di lavoro, ma solo il 19% li frequenta fuori del lavoro.

Abbiamo inoltre dati effettivi di associazioni territoriali che ci dicono che a Milano (dati associazione AGPD) in una fascia di età tra i 21 e i 47 anni su 99 associati 50 lavorano, dunque il 50%.

A Firenze (dati Associazione Trisomia 21) su 48 associati di età tra i 18 e i 35 anni, 32 lavorano, dunque il 67%. Su 61 associati tra i 18 e i 47 anni lavorail 53%.
È chiaro che si tratta di due esempi virtuosi per collocazione geografica e organizzazione, ma il tasso di disoccupazione nel territorio italiano rimane comunque alto.

 

Quali sono i lavori ideale per una persona con Sindrome di Down?

Ogni persona con sindrome di Down è unica e ha interessi e competenze diverse, pertanto non esiste un lavoro particolarmente adatto . Varia da persona a persona. Con la formazione e il giusto supporto, le persone con sindrome di Down hanno la capacità di svolgere una serie di mansioni diverse, tra cui anche lavori che richiedono un pensiero complesso, e attività che richiedono una certa iniziativa.

Alcuni lavorano nei ristoranti, altri lavorano nei servizi di assistenza all’infanzia, nella vendita al dettaglio, nell’amministrazione e nell’ospitalità. Altri possono lavorare in un’azienda familiare o in una microimpresa. In tutti i casi è fondamentale un’adeguata formazione e supervisione del lavoro.

 

Racontaci un esempio di inclusione lavorativa di cui andate particolarmente fieri!

Rispondiamo a questa domanda con il video “Il lavoro da vedere” che abbiamo realizzato grazie al contributo della Fondazione Johnson & Johnson e che ha lo scopo di mostrare le storie e i volti dei giovani e delle aziende che costituiscono esperienze di successo di inclusione lavorativa. C’è chi lavora al computer in excel, chi cura gli spazi e le piante di un grande orto botanico, chi serve ai tavoli e chi prepara sala e coperti di un ristorante, chi è nella filiera produttiva di un pastificio, chi si occupa del magazzino di un supermercato. Sono i giovani adulti che lavorano in Dual Italia Spa, Esselunga, Locanda alla Mano e Città metropolitana di Milano, al Pastificio Novella e l’Orto Botanico di Genova, e presso Adelante Srl e Mercato Centrale di Firenze.

 

Cosa suggeriresti ad un’azienda che potrebbe assumere una risorsa con disabilità intellettiva?

Noi vorremmo che si cambiasse la prospettiva e che si superasse il concetto di “categoria protetta”, almeno dal punto di vista culturale, e che le persone con sindrome di Down fossero viste come lavoratori che possono portare valore nelle aziende. Le ricerche ci dicono che le prestazioni lavorative e la produttività non sono un problema. Quando una persona con la sindrome di Down ha un lavoro che le piace, ed è stata adeguatamente formata e riceve il supporto di cui ha bisogno, lavora bene.

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Le persone con sindrome di Down hanno una disabilità intellettiva, ma ogni persona è un individuo e porta i propri punti di forza, le proprie abilità e le proprie qualità nel lavoro. Se gli viene data l’opportunità di raggiungere il pieno potenziale, possono diventare membri apprezzati e produttivi della comunità.

Ogni dipendente, sia che sia disabile o meno, ha bisogno di sostegno. Alcuni ne avranno bisogno più di altri. Il ruolo di un datore di lavoro è assicurarsi che ogni persona riceva la formazione e il supporto necessari per svolgere il proprio lavoro al meglio. Lo stesso vale per un dipendente con sindrome di Down.

Le ricerche ci dicono che ci sono vantaggi reciproci quando persone con sindrome di Down sono incluse nel posto di lavoro: le persone con la sindrome di Down hanno una migliore qualità di vita e opportunità di sviluppo, ele aziende che le impiegano riferiscono di significativi miglioramenti nella loro “salute organizzativa”.

 

Davanti a queste risposte così complete e ricche (suggerisco vivamente di scaricare il vademecum e dedicare qualche minuto alla visione del video) stupisce il tasso di occupazione elevato. Elevato perché con adeguata formazione e coesione della rete intorno all’azienda e al lavoratore, si creano percorsi virtuosi capaci di rovesciare gli stereotipi con la verità dei numeri. Con Jobmetoo, ad esempio, ricordo con grande soddisfazione (ed emozione) un progetto che ha visto le farmacie di Monza e Brianza avviare dei tirocini per ragazzi con SD. Bisogna solo continuare così e, ciascuno di noi, farsi portavoce che tali conquiste sono il frutto di un lavoro arduo e condiviso, con immense soddisfazioni di ritorno e, sottolineo, con obiettivi di produttività ampiamente raggiunti anche da chi temevamo non adeguato per una mansione complessa.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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