Foto a mezzo busto di Alessio Pisa, CEO di Instilla. Inserito in un'infografica dedicata alla sezione Jobmetoo People con sezione in evidenza in cui appare Alessio Pisa, Chief Executive Officer at Instilla, con logo aziendale sottostante

Oggi abbiamo il piacere di ospitare sul nostro Blog Alessio Pisa – CEO di Instilla. Alessio ci racconterà come sono gestite le politiche D&I all’interno dell’azienda.

Quanto c’è del vostro Instilla Attitude nell’approccio delle politiche di D&I?

L’attitude di Instilla è espressa attraverso la nostra RECIPE (acronimo dei nostri valori: Reliability, Empathy, Collaboration, Innovation, Passion, Endurance). Il concetto di “ricetta” richiama ad una pluralità di elementi che ben miscelati, sono la chiave di successo di Instilla.

I progetti che sviluppiamo per i clienti sono il risultato della miscelazione di “ingredienti” differenti rappresentati dalle nostre competenze. L’attitudine a mettersi in gioco costantemente su nuove sfide e nuovi mercati sono il risultato della nostra propensione a guardare sempre al nuovo. Non esiste pluralità di espressione senza diversità, pertanto in Instilla la D&I rappresenta un valore che ci permette di essere sempre innovativi e ricettivi rispetto alla continua evoluzione che il mercato ci richiede.

Come viene applicata la D&I in Instilla?

In Instilla lavorano persone accomunate dalla medesima attitude, ma con un bagaglio di esperienze pregresse molto diversificato per provenienza e seniority: persone tra i 22 e i 55 anni, provenienti da Corporate, Agenzie ed esperienze imprenditoriali.

La Responsabilità di Aree è presieduta indistintamente da donne e da uomini.

Le persone con disabilità sono membri del team e come tutti hanno obiettivi individuali, delle regole e un’etica da rispettare e le stesse opportunità di crescita di tutti.

Anche l’orientamento sessuale non è mai stato gestito come fattore di diversità: tutte le risorse in Instilla hanno in egual misura obiettivi individuali, delle regole e un’etica da rispettare e stesse opportunità di crescita.

Provenienza etnica o culturale differente dalla nostra non ha mai rappresentato un limite.

Esigenze personali, stati di benessere psico-fisico di ognuno, sono sempre oggetto di attenzione e dialogo tra il singolo e il management aziendale e supportate dall’implementazione di politiche che siano di supporto: remote working, organizzazione del lavoro basato sull’auto-responsabilità, opportunità di richiedere aspettative aziendali, scelta dei propri percorsi professionali.

Infine nei Team meetings, che quindicinalmente Instilla organizza coinvolgendo tutti, ognuno ha l’opportunità di condividere con il team competenze o esperienze che appartengono alla propria sfera personale e i propri interessi.

Quali aspetti pensi possano essere migliorati per avere un mondo del lavoro più attento ed inclusivo verso le politiche di D&I?

Purtroppo questa dovrebbe essere una domanda da porre più all’umanità che al mondo del lavoro. La diversità, intesa come un qualcosa di diverso da sé o che non è conformato sugli stereotipi del contesto culturale in cui si vive, viene ancora vista come una minaccia al proprio “ecosistema”, un elemento stonante da temere o che non si sa come gestire.

Pertanto a livello aziendale un management che sappia supportare il proprio team nella comprensione che la Diversity non è un limite, bensì un valore e che diffonda una cultura per cui esistono modi diversi (e quindi persone “diverse”) per poter raggiungere i medesimi obiettivi, potrebbe già essere un buon passo.

D’altro canto avere la capacità di includere la diversità senza modificare strutture, regole e metodologie connaturate in un’azienda, potrebbe aiutare per primi chi vive in uno stato di diversità, senza che, appunto, da diverso venga trattato.

Dare a tutti le medesime opportunità, rispettando capacità e peculiarità del singolo, permetterebbe una reale inclusione della diversità e una serenità di accoglienza da parte di chi “diverso” non è (o non si sente) senza che si senta minacciato da “favoritismi” compassionevoli, di cui spesso c’è percezione quando si parla di “collocamento obbligatorio”.

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