Screenshot del portale In my place
Le storie sono vere, incisive, accattivanti: come non prendere il loro posto?

La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha lanciato una campagna per connotare in modo diverso la Giornata mondiale della disabilità: #INMYPLACE.

Logo della FISH
In My Place: un evento pensato dalla FISH

Ricorderete il post di Jobmetoo che invitava a partecipare alla prima fase, in cui le persone con disabilità e i loro familiari erano invitati a raccogliere “storie personali, sintetiche ed efficaci, tali da essere ben comprese da chiunque, componendo un mosaico delle diverse realtà e connotazioni della disabilità (il pregiudizio, l’esclusione, la discriminazione, gli ostacoli e le barriere…)”. La raccolta delle storie è disponibile nel sito www.inmyplace.it e il messaggio, provocatorio e inequivocabile, è: “Hai mai pensato di prendere il posto di una persona con disabilità? Potrebbe essere un’esperienza illuminante e sorprendente”.

La FISH invita quindi tutti noi, non disabili ma –  perché no? – anche i disabili stessi, a “calarsi nei panni degli altri” attraverso il sito www.inmyplace.it. Lo si può fare con un semplice click, “adottando” una storia – ma anche più d’una in giorni successivi – e  condividendola sul proprio profilo Facebook o Twitter, prendendo quindi  il posto del protagonista della storia stessa.

Logo del sito In My Place
Ecco come possiamo metterci nei panni di una persona con disabilità

E qui troviamo un messaggio veramente forte e innovativo: andare oltre la semplice accettazione di una storia di disabilità ma provare a viverla in prima persona, con lo scopo di capire – e questo forse è l’aspetto più interessante – non tanto cosa prova una persona con disabilità (quello non è del tutto possibile), ma soprattutto quanto noi tutti siamo prigionieri di una visione ancora piena di stereotipi.

Copio e incollo dal sito uno splendido passaggio, che non richiede commenti ma una forte riflessione in ciascuno di noi:

I veri ostacoli che le persone con disabilità affrontano ogni giorno della loro vita, sia tra le mura di casa che nel mondo fuori, sono l’ignoranza, l’incapacità di accettazione, la vergogna, la fatica logorante delle famiglie e soprattutto la paura del diverso.

Prendendo il posto di chi ogni giorno subisce barriere fisiche, architettoniche e pregiudizi, avremo iniziato insieme a demolire la barriera più grande: la paura del contagio, della vicinanza, dello scambio.

E ora, senza indugio, andate a scoprire tutte le storie e condividete non per dovere, ma perché lo sentite dentro!

 

 

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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