Google Glass autism

L’intelligenza emotiva è l’abilità di identificare le emozioni, di accedere e utilizzare le emozioni in modo da assistere il pensiero, comprendere le emozioni e la pratica emotiva e gestire riflessivamente le emozioni così da promuovere la crescita emotiva e intellettuale

La definizione riportata in incipit dell’intelligenza emotiva è stata elaborata da Mayer e Salovey nel 1997: ancora oggi, a distanza di 18 anni dalla definizione, molti di noi non sono in grado di interagire con le proprie emozioni, di capire quali queste siano e associarle alle azioni.

Tendiamo a nascondere le nostre emozioni, a scacciale dentro, da dove fuoriescono o mettere la testa giù e ingorarle. Un errore comune questo con il quale pensiamo di risolvere i nostri problemi: ignoriamo le emozioni, quindi non esistono.

Se questo atteggiamento è poco costruttivo con le persone che riconoscono le proprie emozioni, come poter migliorare il riconoscimento delle emozioni nelle persone che non hanno queste capacità? La soluzione potrebbe averla Google

I Google Glass per le persone autisitche: lo strumento per riconoscere le emozioni

Google non è solo un motore di ricerca, ma molto di più: ha un ottimo servizio di posta elettronica sia privato che business, un team di sviluppo delle Google Car, cioè le macchine che si guidano da sole e anche i Google Glass, gli occhiali del futuro che permettono di interagire con l’ambiente circostante.

Proprio quest’ultima invenzione ha dato vita al Autism Glass Project, cioè un programma dedicato alle persone con autismo, che negli USA raggiungono 1 milione di persone sotto i 10 anni, il quale prevede l’utilizzo dei Google Glass al fine di aiutare queste persone nella gestione e comprensione delle emozioni.

L’uso è semplice: nel momento in cui un bambino autistico indossa gli occhiali e si trova davanti una persona, i Google Glass lo aiuteranno a capire lo stato d’animo dell’interlocutore esaminando il volto della persona.

Il progetto è un ottimo approccio all’inclusione da parte delle persone co disabilità, in questo caso quelle affette da autismo; ancora una volta Google si distingue per il suo impegno sociale, spingendosi oltre: le famiglie possono comunicare con il proprio familiare affetto da autismo tramite i Google Glass e vedere ciò che lui vede, utilizzando gli occhiali come “remote controller”.

 

Fonte: Autism Glass Stanford 

Condivisioni
Articolo precedenteLa maratona di Venezia porta accessibilità alla città
Prossimo articoloPostazioni tecniche per disabili, le nuove linee guida dall’Agenzia per l’Italia Digitale
Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here