flipperbot

Candy Crush, PES, FIFA, Call of Duty, Battlefield, Fallout, Need for Speed, Granturismo…e l’elenco potrebbe continuare. Sono tutti giochi molto ricercati in questi anni, il primo si gioca direttamente sul social network più diffuso, Facebook, gli altri invece sono distribuiti sulle varie consolle in circolazione, PS4 e X-Box su tutte.

Sono giochi digitali, per i quali serve una connessione alla rete o uno specifico apparecchio da poter collegare alla presa di corrente; in questo modo i giochi si stanno de-materializzando (o s-materializzando, dipende dai punti di vista). I giochi di società, quelli manuali, di legno stanno rivivendo una nuova giovinezza, ma la loro diffusione è fortemente inferiore rispetto a quella dei giochi digitali. Le serate di pioggia che fino a qualche anno fa erano contrastate dal gioco di ruolo (Monopoly, Hotel, L’allegro chirurgo…sono i primi che mi vengono in mente se ripenso alla mia infanzia), oggi vengono affrontate con una scelta individualistica e personale: collegarsi ad una consolle o andare online e giocare, da soli, nella propria stanza.

Pensando un ritorno alle origini con finalità sociali, tre giovani studenti del Politecnico di Milano, Damiano Quadraro, 22 anni, Fabio Paini di Parma e Beatrice Pazzucconi, milanese doc, hanno ideato “FlipperBot” per la loro tesi di laurea in ingegneria biomedica. Cosa è FlipperBot? E’ un gioco fatto di legno, alluminio, plastica e molto codice HTML, pensato per i bambini affetti da paralisi cerebrale infantile.

Lo svolgimento è semplice: un robot si muove e deve andare a colpire dei totem che man mano si illuminano; la particolarità sta nel joystick, in quanto rappresenta la parte più biomedica del progetto, personalizzabile in base alle difficoltà di movimento del bambino, in modo tale che il gioco sia accessibile a tutti ed il piccolo robot possa essere comandato da tutti i bambini.

Come affermano e sottolineano i ragazzi “Abbiamo poi calibrato il joystick in modo che i movimenti non dovessero essere troppo ampi e nemmeno troppo precisi, perchè fosse facile da usare anche per i bambini con disabilità. La cosa positiva è che è un gioco ponte, può essere usato da tutti, in questo modo bimbi disabili e non possono giocare insieme“.

Un bel progetto che nasce da tre ragazzi ventenni con una grande sensibilità sociale; un’iniziativa che merita di andare avanti e avere il giusto supporto, economico e di diffusione.

Fonte: La Stampa

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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