La cultura sociale, quella cioè dettata dagli usi e abitudini dell’ambiente in cui si vive, tende ad uniformare le persone e a proteggere il gruppo, costruendo un muro invisibile, difficile da valicare e oltrepassare.
Questo muro tende ad escludere i “diversi”, una categoria di persone nominate dagli stessi membri della società al fine di definire, e quindi confinare, le persone che non rappresentano, per qualsiasi motivo, la società stessa.
Accade sempre, da sempre e sempre più spesso: viene definito “diverso” una persona per il colore della pelle, la religione, i suoi gusti, i suoi atteggiamenti, la sua natura…
Anche i disabili vengono confinati in questa categoria, tanto da far nascere il neologismo “diversamente abili”: una definizione che mette in primo piano la diversità e non la persona, l’essere che si cela dietro un’etichetta data da qualcun altro.
Da qui nasce la campagna “Love has no label”: siamo tuti uguali, nelle nostre diversità: siamo tutti delle persone, siamo tutti parte dello stesso mondo.
Una sensibilizzazione che Jobmetoo ha come obiettivo sin dalla sua nascita: si valutano le persone e le loro competenze, aspirazioni; il resto è secondario.