Vacanze di Pasqua, si va al cinema con figli e amichetti vari per vedere Heidi. Mia figlia dice: “Papà, se non capisci qualcosa dimmelo che te lo ripeto”. Per lei è naturale, nessuno sforzo nell’aumentare l’attenzione comunicativa con me. Semplicemente, è una modalità, e non uno sforzo. “Tranquilla, vedevo Heidi da piccolo e più o meno conosco la storia”. In realtà il mio primo pensiero è: vedrai che tra mezzora mi addormento. Invece no, non mi addormento.

Resto letteralmente incollato allo schermo senza, ovviamente, percepire neanche una parola dall’inizio alla fine. Rimango stregato dalle sole immagini, che sono anch’esse storia, di quei paesaggi così semplici e maestosi, ma anche condizionanti. Non si può far finta che le montagne non ci siano, con il loro umore bizzarro e con la loro quiete intoccabile. I bambini corrono a piedi nudi, erba o fango che sia. Bevono dalle ciotole e mangiano con le mani.

Heidi però è anche una storia di disabilità, e che storia. Anzi, che storie! Ben due. Anzi, tre!

La nonna non vedente di Peter, il pastore amico di Heidi, che tesse la tela e prepara dolci sembra triste, ma non lo è. Non lo è lei, non lo sono i familiari e non lo è il nipote, che “approfitta” della sua disabilità visiva per arraffare pagnotte destinate ad Heidi. In tutto questo non ho trovato – da disabile – nessuna forzatura. Anzi, ho trovato rispetto. Nella piccola famiglia c’era adeguato spazio per una persona con disabilità. Senza forzature, ripeto.

Ma il film vola, ed Heidi è già in città per diventare l’amica da compagnia di una ragazzina, poco più grande di lei, costretta sulla sedia a rotelle. “Costretta”. Che razza di termine, mi viene da pensare… Clara ha il sorriso facile. Durante il film sorride e si sorprende con magica facilità. Heidi è indispensabile per lei, che ha una vita piena di ogni comfort ma anche senza adeguati spazi a causa di una educazione molto rigida. Non può durare: Heidi è divisa tra l’affetto per Clara e il richiamo dei monti. Soffre. Piange in silenzio. Vuole evadere.

Ora anche Heidi è una persona con disabilità, spaesata, in un ambiente che non la facilita ma che la ostacola. La filosofia della Convenzione ONU, per capirci.

Per fortuna che ci sono le persone. La nonna di Clara, ma anche il padre. Gente che credi rigida e che ha gran cuore. Lasciano tornare Heidi dal nonno.

Scena epica: Clara vuole raggiungere Heidi e dalla montagna vedi arrivare una corte a cavallo, guidata dalla nonna di Clara. Che si beve un grappino col nonno di Heidi. Clara scopre le meraviglie della montagna, e nonostante una carrozzina può andare praticamente dappertutto. Che lezione di accessibilità, eh!

Peter non ci sta, forse è geloso (l’ho intuito, ma magari mi sbaglio ed era arrabbiato per un altro motivo): stupenda la scena in cui fa sparire la carrozzina di Clara e la getta in una scarpata. E pensi: che ragazzino cattivo! Ma le cose non sono così. Sappiamo che Clara tornerà a camminare, ma per me il film è finito prima, quando la nonna e il padre di Clara capiscono quanto sia importante l’amicizia con Heidi e capiscono anche che ognuno ha il diritto di scegliere il proprio ambiente. E si attivano. Sbagliano, sembrano goffi, ma trovano una soluzione e alla fine ce la fanno.

Buonsenso, voglia di farcela, convinzione che la disabilità è semplicemente un ingrediente di questo mondo rappresentano il 90% del lavoro necessario per migliorare le nostre azioni sulla e per la disabilità. Il resto lo lasciamo alle leggi.

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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