Mi unisco ai commenti pressoché unanimi della rete: lo spot di Checco Zalone a favore della SMA è semplicemente geniale. È “alla pari” – me lo permettete? – come lo slogan di Jobmetoo. Un minuto e mezzo che vola, che vuoi rivedere chissà quante volte di fila, che tutto ti dà fuorché l’idea di qualcosa di triste o pesante.
Ma vorrei condividere con voi alcune sfaccettature che a me, persona con disabilità congenita, sono balzate all’attenzione con una certa forza. Elementi che non si notano subito, ma tutt’altro che secondari.
I genitori
Non è in primo piano, ma la presenza dei genitori ci fa riflettere e chiedere: madri e padri hanno tempo, mezzi e supporto a sufficienza per dedicarsi quanto serve al figlio con disabilità? Come gestiranno il famoso “Dopo di noi”? E Mirko potrà avere la “vita indipendente” che lo aspetta e che si merita?
Il videogioco
Già, il videogioco. Perché Mirko è un ragazzino come tutti gli altri, e giocare è un suo diritto. Quando vediamo dei bambini, pensiamo al gioco e lo stesso deve avvenire con Mirko. Mirko, prima di essere un bambino con la SMA, è un bambino che vuole giocare. La parità di trattamento passa anche da qui.
L’ironia
Non soltanto quella di Zalone (che conduce benissimo il ruolo della persona seccata), ma l’ironia di Mirko, della persona con disabilità in generale, è un ingrediente di cui abbiamo tutti bisogno per stemperare timori e tensioni e mettere il mondo che ci circonda nelle migliori condizioni di supportarci. Come? Rimuovendo tutto ciò che inibisce il nostro percorso di vita. Quello che dice, in fin dei conti, la Convenzione ONU.
E se lo spot vi ha conquistati, non perdetevi la genesi dello stesso con l’intervista ad Anita, amica di Checco Zalone. Le sue parole non valgono meno del video promozionale.