Blind eye

Salgo nel vagone numero 9, in una bella mattina di Giugno, e non trovo Lucia, la nostra recruiter non vedente. Strano, dovrebbe esserci. Qualche minuto prima mi aveva scritto di essere arrivata. Le riscrivo e finalmente l’arcano si svela: Lucia era stata accompagnata nel vagone sbagliato! Ci ritroviamo e ci sediamo vicini, appena in tempo, e il treno parte verso Roma: ci attende una giornata di colloqui presso la sede provinciale dell’Unione Ciechi e Ipovedenti della capitale.
Mi ero già incontrato con i responsabili qualche settimana prima ed era emersa una forte voglia di confrontarsi con il colloquio di lavoro. Quanto sia importante un colloquio, al di là dell’esito, ce lo sta spiegando molto bene Valeria nel nostro blog.

Ci aspettano una ventina di ragazzi, più e meno giovani, in un’aula che ricorda quella scolastica. Lucia ed io siamo dietro la cattedra, ma è come se fossimo tutti dalla stessa parte. Noi rappresentiamo e presentiamo Jobmetoo: i ragazzi dell’associazione ci travolgono di domande, dalle più semplici alle più complesse. In questo modo loro stessi stanno plasmando Jobmetoo, ci stanno indicando i passi da compiere affinché Jobmetoo sia sempre di più il loro portale di riferimento nella ricerca del lavoro.

Il logo UICI Roma
Il logo UICI Roma

Per quanto organizzati, siamo già in ritardo e dobbiamo iniziare gli incontri. Mi siedo al fianco di Lucia e la osservo mentre gestisce i colloqui, con polso ed empatia. È una segreta e grande soddisfazione, per me, imparare dai miei dipendenti i trucchi del loro lavoro. Anche io rivolgo alcune domande e notiamo, come sempre in questi casi, la grande forbice che esiste tra chi presenta un cv con i soli dati anagrafici ed è disposto a “fare qualsiasi lavoro” e chi occupa già posizioni che si direbbero di prestigio all’interno di multinazionali o enti pubblici e desiderano andarsene via perché non possono fare carriera. Lucia è ferma e, da chi insiste nel dire che non ha preferenze, lei esige – giustamente – di conoscere almeno le mansioni desiderate.

La recruiter Lucia di Jobmetoo in un momento dei colloqui

Lucia in un momento dei colloqui

Un ragazzo, a sorpresa, ci fa a sua volta una domanda: a cosa servirebbero, nella propria area riservata, le schede di auto valutazione sulle funzionalità e sui fattori ambientali? Spieghiamo che si tratta di schede, che il candidato compila liberamente, dalle quali emergono, al di là della disabilità, i fattori ambientali che ci favoriscono o ci ostacolano nella vita quotidiana e nel lavoro. L’altra scheda, quella sulle funzionalità, serve a far capire come noi “funzioniamo”. Farò un esempio riferito a me stesso: collocato in uno sportello ospedaliero – come accaduto anni fa – in un luogo rumoroso e con un vetro che mi separava dagli utenti, con un telefono che squillava senza che potessi rispondere (non sono in grado di sostenere una conversazione telefonica), io non udente ero posto in una condizione di grave svantaggio. Se, ipotizziamo, fossi stato collocato in un ufficio silenzioso, senza telefono, con la possibilità di comunicare con una persona alla volta e in condizione di luce adeguata (tale da favorire la lettura labiale), il mio livello di disabilità sarebbe notevolmente diminuito. Tutto questo ribadisce la grande visione dell’ONU che, con la sua Convenzione, sposta il focus dalla disabilità in sé all’ambiente che ci circonda. Ecco, le schede di autovalutazione servono proprio per questo, per presentarci al meglio al datore di lavoro.

I ragazzi sono un po’ sorpresi quando diciamo loro che le aziende sono meno insensibili di quanto si creda: questo è un mito da sfatare. Il lavoro di Jobmetoo è anche quello di portare una nuova visione che contribuisca a mettere definitivamente da parte credenze spesso deleterie, buone solo per comunicare con slogan d’effetto. Che però restano senza effetto reale.

Jobmetoo nella sede UICI di Roma
Un momento dei colloqui

Lucia mi ricorda il treno, e riusciamo a chiudere tutti i colloqui. Una ragazza ci chiede se torniamo presto. Una domanda un po’ scherzosa un po’ no. Tutti ridono, soddisfatti e appagati per un confronto vero e autentico, e io resto assorto in una riflessione: vorremmo essere presenti ovunque, ma non ci è possibile! Possiamo muoverci di volta in volta, ed è quello che facciamo. Ecco perché gli strumenti online, anche se non sostituiscono il contatto di persona, si rivelano delle ottime possibilità di incontro e confronto. Se ben usata, la modalità online emancipa la persona con disabilità.

Ancora una volta, quel che rimane dopo incontri di questo tipo si può riassumere in una sola parola: energia. La disabilità diventa origine di questa energia e anche io disabile ne traggo preziosa ispirazione.

 

Photo Credit: Pepbonet.com

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