idcee

Il 10 e l’11 Ottobre, prima trasferta internazionale per Jobmetoo, in occasione del più importante evento del centro ed Est Europa riservato a startup, investitori, blogger, giornalisti: http://idcee.org/. Il fatto che ci abbiano chiamato per invitarci come speaker nella main session dimostra quanto il web sia capace di propagare notizie e informazioni con potenza e precisione. Vorrei condividere con voi questa esperienza perché è stata un concentrato di incontri, progetti ed emozioni.

Pre partenza

Non avevo il passaporto e mancavano pochi giorni al volo. Corro in questura e, diversamente dal passato, spiego di essere disabile uditivo. Ho imparato che presentarsi in trasparenza non può che facilitare il prossimo nel relazionarsi con noi.

E’ stato quindi confortante incontrare persone che parlavano con calma, scandendo bene le parole, ricorrendo a carta e penna senza perdere mai la pazienza. Dopo aver spiegato la necessità di ottenere il passaporto d’urgenza, l’incaricato, impassibile, dice: “Non c’è nessun problema!”. E col passaporto in mano, la settimana successiva, riaffiorano antiche emozioni. Nella stessa città della mia Università, Macerata, ripenso alla laurea in Scienze Politiche e al sogno di girare il mondo. Tutti sogni all’epoca infranti per via della mia sordità o, per meglio dire, dell’importanza che io davo al mio limite sensoriale, facendolo diventare un limite assoluto…

Ma il tempo è galantuomo, e soprattutto è relativo. Sono quindici anni in ritardo sulla mia crescita professionale? No, sono in un percorso di crescita e questo è quello che conta. Preparo armi e bagagli (beh, le armi ovviamente no…) e si decolla per Kiev.

10 ottobre

Serata di networking con i partecipanti all’evento. Come diverse altre volte, mi stupisco di quanta attenzione mi viene riservata quando spiego la genesi e la filosofia di Jobmetoo. E non è per mera cortesia che gli altri mi ascoltano. Parlare in Inglese per me è molto difficile, ascoltarlo impossibile. Ma si comunica. I concetti principali passano e questo è ciò che conta. Ricevo e consegno senza sosta biglietti da visita. Ad un giornalista, per errore, ho lasciato il biglietto della metropolitana di Milano (già obliterato). Una grande risata, un momento imprevisto che contribuisce, in un’atmosfera diventata informale, a rendere i legami ancora più forti. Il primo giorno allo stadio Olimpico di Kiev è veramente memorabile. Una marea di gente, startup, invenzioni, stampanti 3D, hackatlon per imprenditoria sociale, convegni davvero all’avanguardia… Il mio pensiero della sera: il mondo corre, ma ha anche voglia di dedicarsi al nostro benessere, sociale e ambientale.

11 ottobre

È il nostro giorno. Seminario dal titolo: “Può la filantropia migliorare l’umanità?”. Il mio interprete, un professore di Lingue straniere nell’Università di Kiev, conosce bene l’Italia e di tanto in tanto mi distrae con alcuni aneddoti. La cosa più divertente avviene quando parla il moderatore e lui, sul palco al mio fianco, mi guarda e, col solo movimento labiale, dice: “Ma questo parla troppo piano, mica lo capisco!”. Tocca a me. Cerco di spiegare l’innovazione di Jobmetoo, tecnologica e sociale.

Presentazione di Jobmetoo nella main sessione
Presentazione di Jobmetoo nella main session

La Convenzione ONU fornisce un nuovo paradigma della persona con disabilità (il lavoro è trattato all’articolo 27). Persona, prima di tutto, che deve avere, quanto più possibile, il potere di decidere il proprio destino in autonomia. Applausi, strette di mano, fotografie e biglietti da visita. Per fortuna nessun biglietto della metro. E poi, la grande sorpresa. Un gruppo di disabili ucraini, due ragazze e un ragazzo, si avvicina a me per fare conoscenza. Richiamo l’interprete, che se ne stava andando, e ci mettiamo tutti ad un tavolo. La gente che passa ci nota, scatta foto, si sofferma a guardarci. La nostra invisibilità (essere disabili) diventa visibile e suscita impatto positivo e ammirazione.

Incontro con persone disabili ucraine
Il momento più bello di IDCEE 2014

Olga, disabile motoria, è presidente di un’associazione ucraina che si occupa di accessibilità. È accompagnata da Natasha e Vladim, avvocato. Bastano poche parole per scoprire che, davvero, tutto il mondo è paese, e che speranza, discriminazioni, battaglie vinte e perse dei disabili di tutto il mondo sono un’unica storia da condividere e scrivere assieme. Non è un momento come tutti gli altri, lo ammetto. E’ un momento potente, in cui noi smettiamo di chiedere e vogliamo iniziare a fare e a dare, prendendo per mano quella società che, per troppo tempo, ha tenuto per mano noi.

 

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

2 Commenti

  1. Ciao, Daniele. Sono Benedetta Barbisan. Siamo stati compagni di università, ricordi? Alla fine di ottobre ho avuto modo di leggere l’articolo che La Stampa ha dedicato a te e alla tua impresa, al tuo coraggio e alla tua visione. Io non ne sapevo nulla, per cui è stata una scoperta. Scusami se ti contatto qui ma, pur non avendo un tuo indirizzo email personale, volevo farti comunque avere le mie felicitazioni per il tuo impegno e approfittare di salutarti. Un carissimo saluto e buon lavoro. Benedetta

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