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Questa è una bella notizia. Non dovrebbe esserlo, in realtà, ma per me lo è. Sono sempre di più i disabili italiani che vogliono andare a lavorare all’estero, a causa della crisi occupazionale ma anche a causa della non completa applicazione del Collocamento mirato.

Superabile spiega poi che “non esiste una equiparazione del riconoscimento di invalidità nei sistemi degli altri paesi e che per essere inserito al lavoro è necessario seguire le regole e le modalità vigenti nel paese prescelto“.

Questo implica che, qualora la persona la persona disabile che intenda usufruire del collocamento obbligatorio in un altro paese (UE o extra UE) debba essere in possesso dei requisiti e dei documenti richiesti da quello specifico paese. Il riconoscimento dell’invalidità ottenuto in Italia non può essere considerato valido, come spiega sempre Superabile tra le sue righe.

E’ un bel tema, vero? Sono sempre di più i giovani con disabilità che, per ragioni di studio, si spostano dalla residenza: perché, per lavoro, non si potrebbe (o dovrebbe) cambiare Paese?

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Laurea in Scienze Politiche, poi un quindicennio di lavori disomogenei e frustranti a causa della mia disabilità uditiva grave. Ero per tutti un "bravo ragazzo", ma al momento di affidarmi un compito gli stessi giravano le spalle. Finalmente, grazie ad un concorso pubblico, arriva il posto fisso a tempo indeterminato come amministrativo in una azienda sanitaria. Fui assegnato al front office ospedaliero, mansione del tutto incompatibile con la mia sordità. Dopo alcuni anni veramente sofferti, la decisione di dimettersi: una decisione adulta, consapevole, serena. Quindi la scelta di essere un imprenditore per far diventare impresa il binomio che nella mia vita non aveva mai funzionato: lavoro e disabilità. "Nulla su di noi senza di noi" non è solo lo splendido motto delle persone con disabilità, ma il messaggio di speranza che muove verso l' autodeterminazione.

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